Rovesciare i propri occhi: quando l’artista nasconde il suo sguardo

Molti artisti hanno compiuto esperimenti sulla percezione visiva. E l’esperimento di cui parliamo qui è forse il più estremo e singolare di tutti.

Corre l’anno 1970. Il giovane artista Giuseppe Penone  ordina a un ottico di fiducia delle lenti a contatto specchiate. Gli servono per un esperimento artistico che lui chiama Rovesciare i propri occhi.

Durante la performance Giuseppe viene fotografato mentre indossa quelle lenti a contatto specchiate.

Le lenti specchiate nascondono lo sguardo dell’artista, gli impediscono di vedere. Nelle foto a lui scattate, i suoi occhi restano invisibili. In compenso noi spettatori guardando le foto osserviamo tutti i paesaggi, i gesti e gli uomini riflessi nelle lenti. Gli scatti ci consentono di notare il panorama di cui l’artista si è privato.

Nelle opere d’arte tradizionale vediamo il mondo rappresentato attraverso la sensibilità di un artista. Con Rovesciare i propri occhi invece vediamo il mondo riflesso sulle lenti specchiate.

L’artista incapace di vedere perde la sua funzione di tramite. La sua sensibilità non conta nulla. Conta solo la capacità delle lenti, di riflettere in modo efficace. Le lenti, mezzi meccanici che obbediscono a leggi fisiche, si sostituiscono agli occhi del creatore d’ arte.

Rovesciare i propri occhi è un esperimento più filosofico che scientifico, una meditazione sul ruolo dell’artista nel mondo. fatta attraverso mezzi ottici.

Così lo ha descritto Giuseppe Penone:

Chiudevo gli occhi allo sguardo ma nello stesso tempo proiettavo all’esterno le immagini che avrei dovuto ricevere. Dalle immagini che un artista riceve a occhi aperti nasce il lavoro. In questo modo era come rimandare immediatamente il lavoro all’esterno ( …) è l’idea del riflettere quanto si vede normalmente.